“Lavoro nelle carceri. È dura. Quando entro nella struttura, una guardia apre le porte e poi le chiude, continuamente. È tutto un aprire e chiudere le porte. Si sente sempre il rumore di chiavi che girano nella serratura e il suono metallico della battitura delle sbarre. L’avevo sempre visto fare nei film e ora so che serve.

Qua dentro, se non entri col giusto mindset rischi di diventare pazzo. E forse pazza lo sono, visto che ho scelto io di lavorare qui. Ogni passo che faccio è monitorato. E ti sembra di essere un carcerato anche tu. Tutte le finestre sono sbarrate.

Molti dei preconcetti che avevo sul mondo delle carceri sono cambiati. Prima avevo un approccio molto più punitivo: pensavo che i blocchi penitenziari, le strutture di correzione in genere, dovessero puntare sulla pena, perché se hai sbagliato devi pagare. Invece, ora so che stare già chiuso e privato della tua libertà personale è molto difficile e rappresenta una dura condanna.

Non ho molte esperienze alle spalle. È da poco che ho cominciato questo lavoro. Ma quello che ho capito è che il mostro non esiste. Anche se il detenuto ha ceduto all’impulso criminale, rimane sempre e comunque una persona, che può e deve essere rieducata.

Vi invio questa chat, per sensibilizzare quanta più gente possibile su questo argomento molto importante.
Grazie e buona giornata.”

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