“Mi hanno rubato la vita. Ho scelto di scrivervi perché ho bisogno che qualcuno sappia la verità, per lasciare una prova di quello che mi è successo e per avvertirvi: ciò che è capitato a me, disgraziatamente, potrebbe accadere anche a voi.
Era il 10 settembre mattina, ho fatto colazione in autogrill, avevo dormito poco e male sul divano di un amico. Da qualche giorno non tornavo a casa per colpa di una brutta lite con la mia compagna, la madre di mia figlia. Vorrei entrare nei dettagli del litigio ma non è importante, non era la prima volta. Dopo una lite furiosa il protocollo prevede che io lasci l’appartamento e non mi faccia sentire per un po’. Mia figlia, di 16 anni, è neurodivergente, la situazione è complessa, quindi, alla prime scenate, per sicurezza, vado via finchè non ci calmiamo tutti. Dopo la colazione, mentre guidavo frettolosamente verso il primo appuntamento con il gruppo di turisti che avrei accompagnato per i prossimi sette giorni, mi sono accorto di non avere più il telefono con me. Non potevo saperlo ma da quel momento la mia vita è crollata.
Un uomo ha preso il controllo del mio telefono, raccontato bugie a mia figlia, e distrutto l’unica cosa bella che avevo.
Quando ho chiamato, la mia compagna mi ha detto che aveva contattato i carabinieri e che dovevo sparire per sempre. Non capivo nulla, solo dopo cinque giorni sono riuscito ad accedere al mio account.
Perché fare una cosa del genere? Nessuno vuole ascoltare, nessuno vuole credermi. Questa è la corrispondenza fra un mostro e mia figlia, che crede di parlare con suo papà.”
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