“Ciao a tutti, sono Marco e… lo ammetto: non sono esattamente il tipo da copertina.
Non ho i capelli di Alessandro, il fisico da runner di Simone, né il fascino misterioso dello stagista che parla solo con due emoji e riceve cuoricini anche se dice “ok”.

Però sono uno che fa ridere.
Il classico “Marco sei troppo forte”, “con te si sta sempre bene”, “ti dobbiamo presentare una mia amica, sei simpaticissimo”.
Avete presente quella categoria lì? Quella che si becca sempre il ruolo secondario nella serie tv della vita vera. Quello che fa la battuta giusta nel momento giusto… ma che alla fine non si prende mai la scena.

Comunque, tutto è iniziato in una chat di gruppo. Una sera.
Una banalissima classifica da pausa caffè: “Chi sono i 5 colleghi più fighi dell’ufficio?”

Spoiler: io non c’ero.
Altro spoiler: stavolta ho deciso di non ridere.

Non voglio passare per quello permaloso, davvero.
Ma a un certo punto ti stufi di essere sempre il “bravo ragazzo”, “quello simpatico ma…”.
Ti scatta qualcosa.
Perché capisci che certe dinamiche non sono mai davvero finite. Che le superiori, in fondo, continuano anche a 30 anni, solo che adesso si travestono da “ironia adulta”.

All’inizio non mi sono sbilanciato troppo.
Ho solo lasciato che i messaggi scorressero, per capire con chi avevo a che fare. Colleghe o le solite bullette?

Poi ho capito.
Forse è arrivato il mio momento di fare qualche lista anch’io.
O almeno, di smettere di far finta che vada sempre tutto bene.”

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