“C’era una signora che si prendeva cura di me da bambina. Si chiamava Tanina. È un nome non più in uso oggi, forse suona curioso, ma a me fa tornare in mente la persona che quando ero piccola mi pettinava i capelli facendo attenzione a non farmi male (sin da bambina avevo i capelli crespissimi, pieni di nodi) e mi raccontava delle favole stupende che inventava lei stessa. È grazie a lei se ora amo scrivere.

La mia infanzia è stata bella perché c’era lei. Ho avuto due genitori entrambi lavoratori, non avevano tempo per prepararmi la colazione, per aiutarmi a indossare il grembiulino o per giocare con me. Lei c’era sempre invece. 

Con la mia famiglia poi abbiamo cambiato casa e ci siamo trasferiti in un’altra città. Quindi ho dovuto dire ciao ciao a Tanina. Al suo posto è venuta un’altra tata che non era per niente dolce. Ho capito ancora di più il suo valore e il bene che le volevo. Ma a quel tempo ancora non c’erano i cellulari e ho perso il contatto.

Adesso sono una donna e tante delle cose belle che mi porto dentro vengono proprio da Tanina. L’altro giorno per caso ho incontrato la figlia di Tanina, aveva la stessa faccia di quando era bambina. Mi ha trattata con sufficienza (forse mi aveva sempre vista come la ‘riccona’ a cui sua mamma doveva badare, non lo so). In ogni caso mi ha dato il numero di cellulare di sua mamma e mi ha detto che purtroppo soffre un po’ di demenza e che quindi non si sarebbe ricordata di me. 

La conversazione che vi mando è tra me e Tanina. Le ho scritto con la tristezza che probabilmente non mi avrebbe riconosciuta…”

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