“Quando io e sua madre ci siamo separati, ho visto qualcosa spezzarsi negli occhi di mio figlio.
Non ha detto niente. Ma il silenzio parlava forte.
Eravamo legatissimi, io e lui. Complici. Una squadra.
E all’improvviso mi sono ritrovato a dividere le settimane, i weekend, le telefonate.
Aveva 19 anni, ma in certi momenti sembrava più piccolo. Più fragile.
Ho scelto di restargli vicino. Anche se significava rinunciare a tante cose.
Milano è cara, soprattutto per un padre separato.
E anche se mio figlio studia e lavora, a quell’età c’è sempre bisogno.
A lavoro mi hanno tolto le trasferte.
Così ho fatto una scelta: una casa più modesta, diverse serate passate da solo, in attesa di ricostruire la mia vita.
Non gliel’ho mai fatto pesare. Mai.
Anche se a volte avrei voluto scappare lontano, soprattutto dopo che la mia ex si è messa con un nostro caro amico…
Ma lui, mio figlio, sembra essersela presa con me.
Ero il suo eroe, credo.
E ora, ogni tanto mi risponde freddo. Altre volte, niente proprio.
Ma è normale, mi dico.
Forse deve proteggersi.
Forse ha paura che me ne vada di nuovo.
Intanto, io cucino per due.
Sistemo la tavola. Preparo la torta. Controllo se funziona la lampadina sul balcone.
Spero che un giorno capisca.
Perché non importa se quella casa non brilla.
Lui sì.
E se posso, voglio che lo faccia anche grazie a me.”



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