“Quando ho aperto la chat di lavoro e ho sentito quell’audio, ho pensato fosse un errore.
Un vocale mandato di fretta, magari una nota tecnica.
Poi ho sentito il mio nome.
E subito dopo… la mia imitazione.
La mia voce, fatta da Giulio, il collega con cui collaboro da due anni.
Due minuti interi in cui mi prendeva per il culo davanti a un altro collega, parlando di quanto “me la tiro”, “faccio la saputella” e “mi sento più figa degli altri solo perché so parlare bene in pubblico”.
Il tutto, ovviamente, pensando di inviarlo in privato.
Ma il karma, si sa, ama i broadcast.
Ci ho pensato per un’ora prima di scrivergli.
Non per decidere se farlo, ma come.
Perché non mi bastava arrabbiarmi: volevo che sapesse che dietro quella sua “sfuriata goliardica” c’era una mancanza di rispetto grossa quanto una sala riunioni.
E quindi ho iniziato questa chat.
Non per umiliarlo.
Ma per rimettere ogni parola al suo posto.”




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