“A volte ci metti anni a fidarti delle persone. Ho avuto un’infanzia abbastanza dura, il che mi porta a fare una selezione attenta di chi frequento. Ma di questa persona mi fidavo. Fino a che non è arrivato quel messaggio.

Che riguardava mio figlio.

Matteo ha cinque anni.

Ride con la bocca spalancata, racconta storie inventate a voce altissima, a volte inciampa nei pantaloni troppo lunghi. È un bambino.

Quando Martina mi ha detto che si sposava, ho pensato subito: “Che bello. Finalmente un matrimonio dove non di una cara amica. Non vedo l’ora di vederla quel giorno!”

Per il resto ero tranquilla.

Perché lei lo sa com’è crescere figli. Sa che i bambini non sono oggetti da centrotavola. Che fanno rumore, che si sporcano, che si emozionano.

E invece.

Invece è arrivata quella lista.

Una lista vera, in formato Canva.

Con nomi e motivazioni.

“Marta sì, è molto educata.”

“Emma ok, sa stare composta.”

“Matteo no. Troppo vivace. Troppa energia.”

Sai cosa vuol dire leggere nero su bianco che tuo figlio non è abbastanza?

Che non rientra nei parametri estetici di una giornata ‘elegante’?

Non lo so come risponderle.

Anzi no.

Lo so benissimo.

Solo che non pensavo che l’avrei mai dovuto fare.”

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