“Non è solo una questione personale tra me e il mio capo; purtroppo è una questione che riguarda molti lavoratori in Italia. Esiste questa mentalità diffusa secondo cui i giovani dovrebbero accettare qualsiasi mansione, sempre con la promessa di ‘far strada’ o ‘dimostrare il proprio valore’. Ma poi, in quanti ottengono davvero un riconoscimento concreto? Invece di premiare le competenze e il merito, spesso vengono richiesti continui “sacrifici” extra che non hanno nulla a che vedere con la posizione per cui siamo stati assunti. La realtà è che, in molti casi, il concetto di “flessibilità” è diventato un modo elegante per sfruttare la disponibilità delle persone, facendole sentire costantemente inadeguate se non accettano mansioni che vanno ben oltre il loro ruolo. Non è giusto che chi lavora debba scegliere tra la dignità o il proprio benessere e la ‘fedeltà’ all’azienda. Io ho scelto di fare bene il mio lavoro, di rispettare i miei impegni e di crescere professionalmente; e questa non è una mancanza di spirito di sacrificio, è semplicemente dignità. Non basta più ‘essere grati’ per avere un lavoro, bisogna pretendere che il lavoro rispetti chi lo fa.”
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