“Ciao a tutti. Ho un bambino di cinque anni, Emanuele, vivace, dolce, e come tutti i bambini, ogni tanto combina piccoli disastri e ha bisogno di un abbraccio o di una carezza in più. Oggi eravamo al parco, e insieme a noi anche il suo amichetto della scuola che ha avuto un piccolo momento di tristezza. Niente di grave, ma io ho fatto quello che farebbe chiunque: ho cercato di consolarlo, di farlo ridere, di fargli sentire che andava tutto bene.
E invece no.
A quanto pare, ho commesso un “errore gravissimo”, perché la mamma di lui mi ha scritto inviperita! Io non mi aspettavo che un gesto semplice di gentilezza potesse scatenare tanto astio, tanto giudizio, tanta presunzione.
Lei è una persona che sembra vivere la maternità come una gara, una crociata, una continua lezione morale da impartire al mondo. E io non sono una madre perfetta, e non pretendo neanche che lo siano le altre. Ma credo che ci siano modi e toni per tutto.
E se anche un piccolo gesto di affetto viene trasformato in un atto da condannare, allora forse il problema non è cosa insegniamo ai nostri figli, ma quello che stiamo dimenticando noi grandi: la gentilezza.”
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