“A mio fratello è sempre piaciuto decidere per tutti.
Ha sempre avuto quella calma da “capofamiglia”, come se fosse nato con un testamento in tasca.
Io sono stato quello che se n’è andato. A 18 anni ho deciso di andare a vivere a Milano, ma è anche vero che negli ultimi 5 o 6 anni non sono stato così presente.
Quello che “ha scelto la carriera”, che “ha mollato tutto”.
Eppure oggi, dopo la morte di nostro padre, torno e trovo una guerra.
Per una casa, per un rustico, per una manciata di ricordi tenuti in ostaggio.

Non è solo una questione di eredità.
È una resa dei conti.
Ed è ora che qualcuno gli dica che la presenza fisica non è l’unico metro per misurare l’amore, il rispetto o la giustizia.
Anche se questo qualcuno, purtroppo, sono io.”

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