“Non so perché gli appuntamenti mi facciano ancora questo effetto allo stomaco. Forse perché non ne faccio quasi mai.
Forse perché quando lavori tutte le sere fino a mezzanotte, con le mani che sanno di birra sversata e i piedi che pulsano, non ti rimane molta energia per conoscere qualcuno. O forse perché, da fuorisede, tutto pesa il doppio: i soldi, il tempo, la fiducia.
La verità è che vivo contando ogni euro. Affitto, treni, libri, spesa, tasse universitarie… e lo stipendio del bar vola via in due giorni. Non mi vergogno: è la mia vita. Ma quando succede qualcosa di carino, un invito, un messaggio, una serata diversa, mi piace illudermi che per una volta non debba fare i conti anche lì.
Ieri sera, quando Andrea mi ha scritto “Ti passo a prendere io”, mi era sembrato un gesto gentile. Una piccola attenzione. Una cosa normale che fanno due persone quando provano a conoscersi. Avevo persino pensato: “Che bello, qualcuno che si prende cura di me per una volta”.
E stamattina, quando ho visto la sua notifica, ho sorriso. Per due secondi. Poi ho aperto la chat. E ho capito che non era stato un appuntamento. Era stato un tragitto. E che lui, a quanto pare, aveva già pronta la fattura.”
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