“Ciao a tutti. Vi scrivo la mia storia per chiedervi un consiglio. Mi è capitata una cosa stranissima, davvero insolita. Credo non sia accaduto a molti. Io sono un elefante in certe situazioni. Magari qualcuno può dirmi come comportarmi. Vi spiego. Mi trovo in Francia già da un po’. Sono in trasferta. Lavoro come **** per un’azienda del nord Italia, la ***. Preferisco non fare nomi. Mi hanno spedito qui per un cantiere. Faccio questo lavoro già da un po’, da sette anni circa, con la croce di dovere passare diversi mesi lontano da casa.

 

Perché la croce, potreste chiedere voi? Non riesco a farmi una vita. Sono sempre in viaggio. Appena comincio a conoscere qualcuno subito devo andare via. Ho avuto alcune avventure, alcune belle altre meno. Però, ho una specie di ‘boh’ nella testa che non riesco a decifrare. E poi ce n’è una grossa, ma grossa. Le sigarette. In Francia costano tanto. Ma anche in Germania dove sono stato qualche mese fa. Finisco sempre per comprare cartine e tabacco. Ma il sapore delle sigarette mi manca tantissimo.

 

Non è la stessa cosa. Così l’altro giorno in preda a una voglia assurda di fumare sono andato al tabacchino vicino l’appartamento che ho preso in affitto. Abito in un minuscolo paesino vicino Parigi. “Che fortuna!” mi dicono gli amici a casa. “Sei a Parigi”. Ma in realtà dove sto è a quasi due ore dalla città e io lavoro sei giorni su sette. Vivo in una struttura che è un mix tra un hotel e un appartamento. Apart-hotel li chiamano, nome che a me fa immediatamente pensare per associazione di idee al fatto che con nessuna mi sono ancora appartato nel mio nuovo letto.

 

A pensarci è già da un po’. Nel mio rifugio non c’è molto a parte il letto, è tutto su un’unica stanza. Tranne il bagno, per fortuna. Così vado dal tabacchino e comincio a gesticolare in francese per indicare le siga. Nonostante sia qui già da 20 giorni non ho ancora imparato molto sulla lingua. Faccio il ***. Ci pensa il mio project manager a parlare con i Francesi. Al bancone trovo una ragazza, la tipica ragazza francese, così mi era sembrata. Capelli lisci, occhi piccoli e chiari, pelle chiara.

 

Tra un tentativo di farmi capire e un altro, noto che ha una scollatura estrema e che è ben messa. Finché lei mi chiede: italiano? E io come se un raggio di luce mi avesse illuminato dopo una freddissima settimana di pioggia, le rispondo sì. E dillo no?: mi dice ridendo. Mi spiega che le sigarette che cerco le dovrebbero arrivare nei prossimi giorni, ma che non sa con esattezza quando. Le dico che lavorando un bordello di ore al giorno quasi tutti i giorni ho difficoltà ad andare al tabacchino ogni giorno.

 

Così lei ci pensa su un attimo. Mi pare mi squadri e poi dice: Va bene, dammi il tuo numero che ti mando un messaggio appena mi arrivano. Ero al settimo cielo. Avevo avuto in un colpo solo tutto ciò che potessi desiderare, il numero di una bella ragazza, e, se non ancora il mio amato pacchetto, almeno la promessa di una sigaretta come si deve. Mi arriva una chiamata da lavoro e sono costretto a scappare in fabbrica dove è finalmente arrivato un pezzo da montare che aspettavamo da tanto tempo.

 

Devo proprio andare. Ho il tempo di lasciarle il numero, scrivere il suo sul cellulare che memorizzo come Tette, scusate la poca poesia, e volare via. In fabbrica, mentre montavo, smontavo e mi spezzavo la schiena soprattutto, mi davo ogni cinque minuti del cretino per non averle chiesto nemmeno il nome. Non sapevo nulla di lei, e quella sua scollatura e i suoi occhi tornavano a fare capolino tra un giro di chiave a stella e un colpo di martello. La sera torno a casa stanco morto. Non abbastanza però per non andare a prendere una birra, più di una per la verità, questo il progetto di partenza, con i colleghi.

 

Quando giriamo per l’ennesimo pub, alla ricerca di non so bene cosa, ci fermiamo al ***. Viene al tavolo a chiederci il green pass una ragazza dai capelli chiari e lisci. Da lontano mentre si avvicina noto la sua scollatura. È la stessa ragazza che ho visto al tabacchino! Che imbarazzo riconoscere le persone dalle scollature. Lei mi saluta tutta felice. Sembra che sia un suo amico da tanto tempo. Mi dice che le sigarette non sono arrivate quel pomeriggio e mi ricorda che mi avviserà appena saranno in negozio.

 

Sembra imbarazzata, parla alla velocità della luce, ride e gesticola molto. È buffa e mi piace ancora di più. Poi di colpo si ferma e si ricorda del motivo per cui è venuta al tavolo. Mi fa cenno di dovere scansionare il codice QR. Le mostro il green pass e lei vede il mio nome e cognome. Si porta una mano alla bocca e sgrana gli occhi. Mi chiede se sono di ***, un paese ***. Dico distrattamente di sì, come se un velo mi fosse caduto sopra gli occhi. Lei che fa? Mi guarda come se le fosse apparso il Signore e comincia a piangere.

 

Al che io mi spavento e le chiedo cosa abbia fatto di male, se c’è qualche problema. Ma lei scappa via e si rifugia nel retrobottega. Torno a casa, più confuso che altro e cerco di mettere in ordine i fatti. Penso e ripenso a ciò che ho detto e fatto, dopo che l’ho incontrata al pub. Ma nulla. Vado a dormire dandomi del coglione a prescindere. L’indomani mattina, ho una illuminazione. Mi do un colpo sulla fronte quando mi ricordo d’improvviso di avere il suo numero e di poterle scrivere qualcosa, forse delle scuse, chiederle un chiarimento.

 

Il come etilico ancora aleggia sulla mia mente. Ci siamo scritti, ma sono più confuso di prima. Mi sento dentro Beautiful! Aiuto!! Lei mi piace. Ma non mi aspettavo proprio una situazione del genere. Ecco qui gli screen. Ditemi voi cosa devo fare adesso. Ditemelo perché io non so che pesci pigliare.”

#1/11

#2/11

#3/11

#4/11

CONTINUA A LEGGERE QUESTA STORIA CLICCANDO QUI SOTTO SU “SUCCESSIVA”