“Ormai è diventata un’abitudine. Ogni settimana, almeno un paio di volte, mio padre mi chiama con qualche problema che per lui è urgente. E quando dico urgente, intendo che non può aspettare neanche cinque minuti, figuriamoci qualche ora. Poco importa se sto lavorando, se sono impegnato, se gli ho già spiegato tutto mille volte. Lui ha bisogno e io devo correre.
All’inizio non dicevo nulla, perché se potevo aiutarlo ero solo che contento. Poi è diventato un impegno fisso, una specie di appuntamento forzato con l’ennesima emergenza che in realtà non è mai un’emergenza. Ma provate voi a dirglielo! Secondo lui, lavorare da casa significa essere sempre disponibile. Se gli faccio notare che non funziona così, parte con i ricatti morali: “Non vuoi aiutare tuo padre?”, “Aiuti tutti tranne me”, “Quando avevo la tua età io non mi lamentavo”.
E la cosa peggiore? Adesso inizia pure a impormi orari precisi, come se fossi un tecnico a domicilio. Non solo devo aiutarlo, ma devo anche farlo quando dice lui. E guai a lamentarsi! Ormai mi sembra di essere un servizio clienti gratuito, sempre reperibile per risolvere gli stessi problemi. Ma stavolta deve capire che non può continuare così!”




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