“Crescendo, ho sempre pensato di avere una famiglia perfetta. Le domeniche mattina a letto, tutti e tre abbracciati, a guardare i cartoni. Le cene chiassose dove mio padre faceva battute sceme e mia madre rideva fino alle lacrime. I viaggi improvvisati, noi tre stipati in macchina con le valigie fatte in fretta, diretti chissà dove. Ogni Natale era una festa vera, di quelle che si raccontano nei film: albero enorme, regali sotto il camino, profumo di biscotti in ogni angolo di casa. E poi c’era lui, mio padre: un eroe ai miei occhi, il modello a cui volevo assomigliare. Sempre presente, sempre affettuoso. Certo, crescendo ho notato qualche crepa, piccoli silenzi, sguardi bassi tra i miei genitori… ma chi non ha problemi? Pensavo che l’amore vero fosse anche questo: resistere, superare insieme. Quando lui si è ammalato, il dolore è stato devastante. Lo abbiamo accompagnato fino alla fine stringendoci forte, convinti di aver vissuto qualcosa di unico, irripetibile. Almeno, questo era quello che credevo io. Poi, qualche giorno fa, mentre sistemavo le sue cose, ho trovato una lettera. E da quel momento tutto è cambiato.”

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