“Sono cresciuta a casa degli zii.
Non perché volessi, ma perché “in casa nostra non c’era spazio”. Così dicevano mamma e papà. Le mie sorelle restavano lì, io invece passavo le feste di Natale guardando altre famiglie scartare regali. Zia e zio mi volevano bene, ma non era casa mia: ero sempre “l’ospite”.
Le mie sorelle hanno avuto tutto: stanze loro, vacanze, nonni che cucinavano per loro, vestiti nuovi. Io sono nata nel momento sbagliato, quando mamma ha avuto una brutta depressione. Allora ho vissuto da altri parenti, mentre imparavo a farmi bastare quello che arrivava, e a dire grazie. Sempre.
Eppure, quando mamma si è ammalata, non ci ho pensato due volte: visite mediche, bollette, farmaci… ho coperto tutto io. Nonostante non sia mai stata la figlia “di casa”, nonostante non avessi debiti con nessuno.
Ma le mie sorelle no. Loro hanno continuato a fare quello che hanno sempre fatto: prendere. Prendere la pensione di mamma, i suoi risparmi, ogni briciola. E adesso hanno il coraggio di chiedermi ancora soldi, tanti, senza spiegazioni. “È tua madre, devi pagare.”
Ho sempre cercato di evitare discussioni. Ora per fortuna mi posso permettere di aiutare chi ha bisogno, e per me era una forma di “beneficenza”, o forse un modo per pensare di far parte ancora della famiglia… Ma quando passi una vita a ingoiare umiliazioni, arriva un giorno in cui sputi tutto fuori.
E oggi, finalmente, è successo.”



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