“Ci sono mattine in cui il caffè ha il sapore della notte prima, anche se cerchi di nasconderlo nello zucchero. Noi due—io e Davide—avevamo rimandato per mesi una fantasia sua, messa per iscritto in una nota condivisa: parlarne, stabilire regole, scegliere una persona che ci facesse stare entrambi tranquilli, fermarsi se uno dei due si sentiva fuori posto. Sembrava tutto adulto, controllato, quasi noioso per quanto preparato. Ieri è successo davvero: playlist pronte, telefoni in modalità aereo, parole dette a bassa voce per non farsi prendere dall’imbarazzo. Eppure stamattina, davanti alla macchinetta dell’ufficio, ho sentito addosso una stonatura di quelle che non puoi coprire con la schiuma del cappuccino. Non tanto per quello che è accaduto, quanto per come è accaduto.
Perché un conto è una fantasia, un altro è vederti da fuori e scoprire che non sei il centro di niente. Mi è rimasta addosso la sensazione di essere stata l’ospite distratta alla festa di qualcun altro. Non si tratta di contare i minuti o i gesti: si tratta di sguardi che scivolano, di attenzione che si sposta e non torna. La regola numero uno era: “siamo noi due, l’altra è un’aggiunta”. Ieri l’aggiunta sembrava me. Ho scritto a Davide con una stretta allo stomaco che non voleva saperne di allentare. Non cercavo scuse per cancellare tutto, cercavo verità. La chat che ne è uscita è diventata ciò che siamo davvero: due che parlano, o due che si aggrappano a un’idea per non guardarsi più. E in mezzo, un cambiamento che non avevo messo in scaletta: a volte il terzo non è la persona in più, ma l’ego.”



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