“Io e Ludovica ci siamo conosciuti due anni fa, in modo del tutto normale.
Un aperitivo dopo il lavoro, amici in comune, chiacchiere leggere che sono diventate altre uscite, altre serate, fino a quando stare insieme ha iniziato a sembrare la cosa più naturale del mondo.
Lei mi era piaciuta perché era decisa, protettiva, molto legata alla famiglia.
All’inizio lo trovavo persino rassicurante.

Beatrice, sua sorella, l’ho conosciuta subito.
All’inizio compariva ogni tanto: una cena, un caffè, una serata insieme.
Poi, col tempo, è diventata una presenza fissa.
Soprattutto da quando si è lasciata, di nuovo, con il ragazzo.
Da lì è stato come se fossimo sempre in tre.

Uscivamo insieme, prenotavamo per tre, ci sedevamo in tre.
E senza che nessuno lo dicesse apertamente, a pagare ero quasi sempre io.
Ludovica lo dava per scontato.
“È mia sorella.”
“Non puoi farla sentire sola.”
“Sei un uomo, dovresti capirlo.”

Io ho cercato di non farne un problema.
Per due anni ho pagato, ho fatto finta di niente, ho provato a non sembrare quello che si attacca ai soldi.
Anche quando iniziavo a sentirmi a disagio.
Anche quando Beatrice era fin troppo confidenziale, quando mi scriveva direttamente, quando sembrava dare per scontato che io fossi lì anche per lei.

Quella sera però non era una serata “nostra”.
Era il compleanno di un amico.
Ognuno ha pagato il suo.
Anche Beatrice.

Ed è stato lì che ho capito che, per Ludovica, il problema non era il conto.
Era che io avevo smesso di interpretare il ruolo che si aspettava da me.”

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