“Buongiorno. Sono la mamma di Enea, un bambino di 7 anni che quest’anno ha cominciato a giocare in una squadra di minibasket. Appassionandosi molto.
Giunti agli ultimi giorni di allenamento della stagione, l’allenatore ci comunica che hanno organizzato un ritiro di 2 giorni in cui ci sarà un mini torneo e tante altre iniziative, in un posto vicino al lago, che dista qualche chilometro da dove abitiamo. Quindi Enea dovrà passare due giorni intero da solo con la squadra, due giorni lontano da me. E io so che lui non è pronto.
Perché Enea ha una situazione particolare.
Così scrivo al suo allenatore e glielo comunico, gli dico che purtroppo non posso mandarlo. Ma lui risponde che è un’esperienza importante per il bambino, un’esperienza formativa.
Certo, a me dispiace togliere a mio figlio questa possibilità, e dato che vedo l’allenatore ben predisposto, mi decido a confessare quale sia la problematica di Enea.
Ma quando lo faccio…non avete idea di cosa succede e della reazione di quest’uomo.
Io trovo che tutto questo sia una profonda discriminazione, una cosa che non deve succedere.
Ma sono convinta che solo le mamme capiranno…”




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