“Non è mai stato difficile convincere mia figlia ad andare a scuola. Si è sempre svegliata volentieri, anche nei giorni di pioggia, anche quando il piumone sembrava abbracciarla un po’ di più. A lei la scuola piace: le piace l’odore dei quaderni nuovi, le piace il rumore delle sedie trascinate sul pavimento e il brusio leggero prima del suono della campanella. E poi, naturalmente, le piace la merenda. Quella pausa di metà mattina che è insieme ristoro e piccola festa personale, il momento in cui il mondo degli esercizi di matematica e delle poesie da imparare a memoria si interrompe, giusto il tempo di scartare un panino o aprire un barattolino di yogurt. È una piccola libertà, quella della merenda, che forse diamo per scontata, ma che per lei è importante: un pezzetto di casa che si porta dietro nello zaino. O almeno, è sempre stato così. Fino a qualche giorno fa, quando qualcosa è cambiato. Da buona mamma non potevo non intervenire di fronte ad un’ingiustizia del genere. Quindi ho scritto immediatamente alla maestra di mia figlia.”




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