“Per anni ho lasciato correre la loro invadenza. Per amore di mio marito, Marco. Ogni volta che si prendevano libertà, che decidevano al posto mio, che usavano la scusa della “famiglia” per imporsi. Ho ingoiato, sorriso, fatto finta di non vedere. “Non vale la pena litigare”, mi dicevo. “Sono solo piccole cose.” Diciamo che ci ho passato sopra, fino a che davvero si trattava di piccole cose.
Poi è arrivato quel messaggio.
Un messaggio in cui la casa al mare dei miei genitori veniva data per scontata. Non richiesta: occupata. Per un mese intero (agosto!), senza chiedere, senza consultare, con tanto di comitiva al seguito. E quando ho provato a far notare l’assurdità, mi sono sentita dare della tirchia, della rigida, della meschina.
Come se fosse normale invadere lo spazio altrui solo perché c’è un legame di sangue o matrimonio. Come se tutto quello che è mio fosse automaticamente “nostro”.
Questa volta no.
Questa volta ho detto basta.
Perché una casa si può prestare.
Ma il rispetto no: quello non si chiede, si dà.
E questa è la chat in cui ho deciso di non restare zitta.”



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