“Ciao Spunte blu, scusate l’anonimato ma sono una persona molto riservata, infatti non è da me postare sui social, figuriamoci pubblicare le mie conversazioni su una pagina come la vostra, però questa che leggerete mi ha veramente fatto arrabbiare e mi son detto: perché no.

Sono un ragazzo di 24 anni e ho combattuto per tutta la vita contro la nomea di “figlio di papà”, “quello che ce l’ha sempre facile” o “a cui le cose vanno sempre bene” ecc. È vero, vengo da una famiglia benestante, ma a noi i soldi o gli agi non li ha regalati nessuno: il mio bisnonno si è fatto il mazzo, poi i miei nonni, ora i miei genitori e un giorno noi figli. I valori con cui sono stato cresciuto sono l’importanza del lavoro, il sacrificio e la consapevolezza che tutto quello che abbiamo non è dovuto, ma frutto di impegno e devozione.

Vedere quindi tutto questo patrimonio ideologico, più che materiale, ridotto a “maschio basic privilegiato” mi ha fatto uscire di testa una volta e per tutte.

Contesto: esco con questa ragazza, conosciuta tramite giri comuni e di cui non faccio nomi per rispettare la sua privacy (perché sono un signore, non perché se lo meriti). Il giorno dopo mi arriva un messaggio veramente offensivo che è praticamente una pagella sulla mia persona. Dopo mezza volta che ci siamo visti. Da parte, aggiungerei, di una persona che si vende come molto aperta, per niente giudicante, al di sopra di tutte le etichette possibili e immaginabili.

Capite bene che è stata l’ipocrisia del tutto, più che il fatto in sé, a chiudermi la vena. E fatemi sapere se avreste reagito diversamente…”

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