“Avere un migliore amico vuol dire tante cose: condividere serate, segreti, risate. Ma vuol dire anche ricevere messaggi a qualsiasi ora, soprattutto quando lui è disperato per l’ennesima delusione amorosa. E così, quel pomeriggio mentre ero sul divano con il caffè a metà, mi è arrivato un messaggio da Marco: era stato mollato dalla fidanzata e il mondo gli era crollato addosso. Non voleva solo sfogarsi, voleva consigli.
Il problema? I suoi “piani” per riconquistarla erano un manuale dello zerbino: bouquet sotto casa, messaggi infiniti, lettere strappalacrime, perfino l’idea di aspettarla fuori dal lavoro. Io leggevo e non sapevo se ridere o piangere. Perché da donna lo so bene: nessuna torna con uno che si umilia così, anzi, è il modo più veloce per farsi compatire o peggio, deridere.
Ho provato a spiegarglielo tra un insulto affettuoso e una battuta ironica, ma lui insisteva, incapace di vedersi da fuori. Più lui rilanciava idee assurde, più io le smontavo pezzo per pezzo. Fino al punto in cui non c’era più spazio per mezze misure: o apriva gli occhi, o si condannava a restare il tappetino di una che già lo aveva scaricato. Quella chat è stata un mix di sarcasmo, verità e rabbia amara. E il finale? Una frase che gli avrebbe fatto male, ma che forse era l’unico modo per svegliarlo davvero e farlo riprendere dopo una relazione con una che l’ha dilaniato.”



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