“Essere indipendente a ventidue anni è una cosa che gli altri romanticizzano molto più di me.
Sì, vivo da sola.
Sì, pago l’affitto, le bollette, il treno, l’università.
E sì, lavoro tutte le sere fino a mezzanotte in un ristorante dove torno a casa con le mani che odorano di fritto e la schiena che sembra quella di una donna di sessant’anni.
Ma la verità è che lo faccio per necessità… Se i miei avessero potuto aiutarmi sarei stata sicuramente meglio.
Da fuorisede impari presto che ogni euro ha un peso diverso.
Un giorno è la spesa, un giorno è un libro di testo da 49,90€, un giorno è il treno che non puoi permetterti per tornare da tua madre.
Succede così che passi il terzo Natale consecutivo lontana da casa, perché lei non può venirti a prendere e tu non puoi permetterti di rientrare.
Negli ultimi due anni la zia Paola mi aveva “accolta” al suo cenone.
Lo diceva come se mi stesse facendo un favore.
Ed io ci andavo, perché era l’unico modo per non passare il 24 da sola seduta sul letto a mangiare pasta in bianco.
Quest’anno però qualcosa è diverso.
Io sono più stanca.
Più fragile.
E più consapevole.
Quando mi ha scritto chiedendo 70 euro “a testa”, non ho sentito un invito.
Ho sentito una porta che si chiudeva.
E forse…
forse è arrivato il momento di non bussare più.”
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