“Ultimamente mi è capitato di leggere alcune chat che mostravano conversazioni tra medici di base e i loro pazienti. Interessanti eh, ma mai si possono avvicinare a quello che ho vissuto io e quindi ho deciso di dare il mio contributo. Faccio il medico di base da più di vent’anni. In tutto questo tempo ho imparato che le persone non ti chiamano mai solo per un dolore fisico: ti scrivono quando hanno paura, vergogna o quando sperano che tu sia l’unico a non giudicarli. Con whatsapp, poi, che io neanche volevo usare, è diventato tutto ancora più… umano. Qualcuno si lamenta che “i pazienti non rispettano gli orari”, ma io non riesco a ignorare un messaggio alle dieci di sera se so che dietro c’è una persona in ansia. È un confine sottile tra lavoro e compassione, ma preferisco rischiare di perdere mezz’ora di sonno piuttosto che lasciare qualcuno solo con un problema che non osa dire a voce. Sono uno stacanovista, e questa è la mia rovina. Pensavo veramente di averle viste tutte in questi anni, ma poi, e non l’avesse mai fatto, mi ha scritto questo Giovanni, un ragazzo che seguivo da poco.”
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