“Mi chiedo spesso quale sia il confine tra preoccuparsi e monitorare. Con Ilda era così: non era gelosia esplicita, era qualcosa di più sottile — una domanda nascosta dietro un sorriso, un silenzio strategico per misurare la mia reazione.
Ricordo quel giorno in cui mi chiese che cosa avessi fatto con gli amici: tranquillo, come ogni venerdì sera. Un anno dopo, la stessa domanda, gli stessi nomi. Lei sosteneva che voleva “solo capire se ero coerente”. Ma la coerenza non è amore, è un esame.

Poi vari frasi dove sostanzialmente cerca di analizzare ogni mia mossa che alla fin dei conti altro non erano che  test camuffati da domande apparentemente innocue, innocenti.
Ok era stata tradita in passato ma se da una parte comprendo la sua paura, dall’altra capisco cosa vuol dire sentirsi sempre sotto lente d’ingrandimento.
Ho cercato di darle fiducia, di spegnere i test con parole e gesti, ma a un certo punto ho deciso che non sarei più stato l’oggetto di nessuna prova. Non per dispetto, ma per dignità.
Ed è in quel silenzio volontario che forse lei ha capito: non è chi resta a chiedere perdono che ha la forza. È chi ha il coraggio di restare senza condizioni.”

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