“Non c’era giorno in cui non mi chiedesse qualcosa di diverso: sistemare il giardino, accompagnare i figli, cucinare, pulire, fare la spesa, cambiare l’olio della macchina, portare fuori il cane, persino controllare la caldaia. E io lo facevo, sempre, perché pensavo che alla fine la riconoscenza valesse più di qualsiasi contratto e così ho lavorato per lui per quasi quattro anni, senza mai fermarmi, senza mai arrendermi, sempre pronto a sistemare o inventarmi modi per sembrare di essere capace e pensare di essere piu vicino a quella tanto attesa ricompensa. Come mi sbagliavo.
Quando mi ha chiamato per dirmi che “dovevamo rivedere la cifra”, ho capito subito che era la fine. Da 1200 euro voleva scendere a 800, perché “tanto vivevo lì e mangiavo con loro”. Come se la mia vita fosse una dipendenza e non un lavoro. Ho provato a spiegargli che non si tratta solo di soldi, ma di rispetto. Lui ha sorriso e mi ha detto che se non mi andava bene, la porta era aperta. L’ho varcata. Ma la storia, per lui, non è finita lì.”
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