“Mio nipote ha quattro anni, è dolcissimo, e ogni volta che ci vediamo mi salta in braccio gridando “zioo!”. È l’unico nella mia famiglia che riesce a vedermi per quello che sono davvero: una persona, non un’etichetta. Senza pregiudizi.
Qualche giorno fa ho deciso di fargli un regalo per il suo primo giorno di scuola, niente di strano, solo un peluche. Edvige di Harry Potter ve la ricorderete tutti… Pensavo che gli sarebbe piaciuta perché ultimamente è fissato con gli animali e con i film di magia e infatti l’ha adorata. L’ha stretta forte, le ha dato un nome tutto suo e mi ha detto grazie con quel sorriso che ti scioglie.
Per mio fratello però un gesto innocente e affettuoso si è trasformato in qualcosa di completamente diverso. Un peluche è diventato un “simbolo”, un “messaggio” e io… sono diventato il pericolo da cui proteggere suo figlio.
Non so nemmeno come spiegare la sensazione di leggere certe parole, dette non da uno sconosciuto su internet, ma da tuo fratello, la persona con cui sei cresciuto, quella che ti conosce da sempre.
E il peggio è che dietro le sue parole c’è qualcosa di più profondo: la paura, la cattiveria sottile, la convinzione che basti poco per “rovinare” un bambino.
Non dico di più, vi lascio leggere la chat e capirete.”
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