“Ciao Spunte Blu, sono Giada. Vorrei non dover condividere una chat del genere, ma credo che a volte serva far capire quanto le parole possano lasciare segni che non si vedono. E oggi posso dire che sì, sono fiera di me. La versione di me di quando andavo a scuola mi ringrazia e mi abbraccia.

Qualche settimana fa mi ha scritto un ragazzo che non sentivo da più di otto anni: Riccardo.
Un vecchio compagno di liceo.
Mi ha trovata su WhatsApp e mi ha scritto come se niente fosse, come se fossimo rimasti amici, come se a scuola non fosse stato lui a rendermi la vita un inferno.

Ha iniziato a dirmi che mi ha vista cambiata, che sembro felice, che sono “bellissima”.
E io per un po’ ho pensato che fosse solo una conversazione inutile, ma poi dentro di me è salito tutto quello che avevo cercato di seppellire: i soprannomi, le risate, le battute pesanti davanti a tutti.
Lui ha detto che scherzava. Io, per colpa di quegli “scherzi”, ho smesso di guardarmi allo specchio per anni. Non gli ho detto nulla per vendicarmi o per farlo sentire in colpa.
Gli ho risposto e l’ho fatto solo perché forse doveva sentire cosa significasse davvero essere dall’altra parte di una risata. A scuola nessuno se ne accorge mai, ma certe frasi ti restano addosso anche da adulto.

Oggi sto bene, mi sono ricostruita.
Ma quando ti scrive il tuo bullo e non sa nemmeno di esserlo stato, capisci quanto poco le persone si rendano conto del male che possono fare solo parlando. Ragazze e ragazzi: c’è chi al posto di ridere e ricordare quegli anni come divertenti, si ritrova adulto e bloccato in dinamiche fuori dal suo controllo, lottando per sentirsi di nuovo completo. Siate gentili, non private gli altri di godersi tutto come voi.”

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