“Quando mia madre ha iniziato a organizzare il matrimonio, ho pensato che volesse solo aiutarmi.

Lei è sempre stata… intensa. Con un’idea precisa di come “dovrebbero” andare le cose.

E io, ingenua, ho creduto che questa volta avrebbe rispettato i miei spazi.

Poi è arrivata con mille liste e cose che dovevano fare le spose perfette…

E io ho retto, fino a che, a soli due mesi dal matrimonio, non si è impuntata con una cosa assurda: secondo lei sono troppo cicciona e brutta (taglia 42) per il mio matrimonio.

E allora ha pensato bene di realizzare un menù “per farmi entrare nell’abito” e un calendario maniacale di pesate settimanali.

Come se la mia felicità dipendesse da due chili in meno.

Non era la prima volta che mi criticava per il mio corpo.

Quando avevo 16 anni mi tolse il gelato di mano dicendo: “Le ragazze in carne non si sposano”.

Credevo che dopo anni e distanze, certe frasi fossero finite.

Invece, eccola lì, con il sorriso compiaciuto, a dirmi che “tutte le spose fanno così” e che “mi ringrazierò da sola guardando le foto”.

Non sa che la sua ossessione per la perfezione è l’unica cosa che mi fa sentire imperfetta.

E che quest’abito, se proprio devo, lo voglio portare con il mio corpo.

Quello vero.”

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