“Non sono avvezzo a questo genere di cose, perciò vi scrivo con un certo pudore. Sono un professore prossimo alla pensione e, come potete immaginare, ho sempre preferito carta e penna alla tastiera. Ma quello che mi è successo merita di essere condiviso. Forse non tanto per me, quanto per chi ogni giorno, in silenzio, si chiede se ciò che fa ha davvero un senso. Se lascia davvero un segno.

Insegno da più di trent’anni. Ho avuto classi meravigliose e classi impossibili, alunni brillanti e alunni in difficoltà. A volte mi è sembrato di parlare al vuoto. Altre, di essere riuscito a creare qualcosa di importante. Ma la verità è che molto spesso, dopo che si chiude il registro, tu resti lì a chiederti se sei stato soltanto una pagina da studiare… oqualcosa di più.

Qualche giorno fa, ho ricevuto un messaggio. Un nome, un ricordo lontano, e poi una conversazione che non riesco più a rileggere senza provare un nodo alla gola. Ma posso dire questo: a volte, ci sono parole che arrivano tardi, ma arrivano al momento giusto. E ci ricordano perché abbiamo scelto di fare quello che facciamo.”

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