“Vivo a Milano per studiare all’università, e qui sono ormai due anni che sto con il mio ragazzo. Quando ho deciso di presentarlo ai miei genitori, che son saliti un paio di giorni a trovarmi, ero un misto di emozione e ansia. Noi veniamo da due mondi diversi: io, figlia di una famiglia del Sud molto religiosa, cresciuta tra messe, benedizioni e statue dei santi in ogni stanza. Lui, veneto doc, che bestemmia come respira, anche solo se il semaforo diventa giallo. Ma mi ero fidata. Gliel’avevo detto con calma, spiegato bene: “A cena con i miei non si bestemmia, per favore”. Credevo l’avesse capito. E invece no. Dal pianerottolo al dolce, una raffica di esclamazioni da far suonare le campane all’indietro. Mia madre sbiancava, mio padre faceva finta di non sentire. Io volevo sprofondare. E la cosa che mi ha fatto più male è che lui, alla fine, ha anche minimizzato. Come se fosse solo “il suo modo di parlare”. Ma quando stai con qualcuno, impari anche a pesare le parole. E a non ferire chi ami. Questa chat è iniziata con una raccomandazione e finita con un punto fermo. Perché io posso accettare le differenze, ma non chi le ignora.”

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