“L’ho conosciuta quattro anni fa durante una mostra fotografica, anche se lei odiava l’arte e me l’ha detto dopo cinque minuti. Era lì solo perché l’aveva invitata un’amica. Mi ha colpito subito: non per la bellezza (che comunque era evidente), ma per come sapeva prendersi lo spazio, anche senza dire troppo. C’era qualcosa in lei che la faceva sembrare “più viva” del resto delle persone in quella sala. Ci siamo messi insieme dopo un mese. All’inizio tutto sembrava perfetto: aveva sempre un progetto, un entusiasmo contagioso, e riusciva a farmi ridere anche quando ero nel pieno di un periodo lavorativo disastroso. Mi faceva sentire che insieme potevamo superare qualsiasi cosa. Poi, col tempo, ho cominciato a notare dei segnali. Non era mai “soddisfatta”. Di nulla. Del suo lavoro, dei suoi amici, di sé stessa. E, soprattutto, di come appariva. Passava ore a ritoccare le foto prima di postarle, si paragonava a chiunque su Instagram, e diceva sempre che il suo naso la “rovinava”. Questo naso con il tempo è diventato davvero un’ossessione, perlomeno fino a quando c’è stata questa conversazione.”

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